«La cosa più antica di cui mi ricordo è un appartamento di fronte al mare nel quale stava, appoggiata su di un tavolo, una mela enorme e rossa. Dallo splendore del mare e dal rosso della mela si ergeva una felicità irrecusabile, nuda e intera. Non era niente di fantastico, non era niente di immaginario: era la presenza stessa del reale che io scoprivo. Più tardi l’opera di altri artisti ha confermato l’oggettività del mio personale sguardo. In Omero ho riconosciuto questa felicità nuda e intera, questo splendore della presenza delle cose. E l’ho riconosciuta anche, intensa, attenta e accesa, nei dipinti di Amadeo de Souza-Cardoso. Dire che l’opera d’arte fa parte della cultura è una cosa un po’ scolare e artificiale. L’opera d’arte fa parte del reale e è destino, realizzazione, salvezza e vita.
La poesia per me è sempre stato un modo di perseguire il reale. [...]»
(Parole pronunciate da Sophia de Mello Breyner Andresen l’11 di luglio del 1964 al pranzo promosso dalla Società Portoghese degli Scrittori in occasione della consegna del Grande Premio della Poesia attribuito a “Livro Sexto”, 1962.)
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VERANDE
È sulla veranda che le poesie emergono
Quando si azzurra il fiume e splende
Il verde scuro del cipresso — quando
Sopra le acque si ritaglia la bianca scultura
Quasi orientale quasi marina
Della torre aerea e bianca
E la mattina tutta aperta
Diventa iridata e divina
E sulla pagina del quaderno la poesia si allinea
Su un’altra veranda come questa in un settembre di una volta
Che in mille statue e viola azzurro si prolungava
Ho amato la vita come cosa sacra
E la giovinezza per me era l’eternità
[I brani qui proposti sono tratti da “Il giardino di Sophia”, Sophia de Mello Breyner Andresen, traduzione di Roberto Maggiani, Il ramo e la foglia edizioni.]
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