🌱 In occasione della pubblicazione del libro di Emanuela Monti, “Memorie di un’avventuriera” - Liberamente ispirato alla vita di Aphra Behn - in libreria dal 3 marzo 2022, abbiamo intervistato per voi l’autrice.
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Ciao Emanuela, “Memorie di un’avventuriera” è la tua prima pubblicazione con Il ramo e la foglia edizioni, potresti presentarti brevemente ai nostri lettori?
Sono nata a Montecatini Terme e sono cresciuta in un paese della provincia di Pistoia. Ho vissuto e studiato a Firenze, dove mi sono laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne e ho iniziato a lavorare come redattrice. Nel 1992 mi sono trasferita a Milano. Qui ho consolidato la mia esperienza professionale come redattrice e editor; mi sono occupata soprattutto di lessicografia (ho collaborato a importanti opere di consultazione per Elemond, La Nuova Italia, Hoepli, De Agostini) e di saggistica, ma ho sempre coltivato, parallelamente e in privato, la passione per la letteratura. Ho esordito come scrittrice con il romanzo “Cronaca di un mancato Grand Tour” (Giraldi) nel 2008, cui ha fatto seguito “I Segnati” (Giraldi) nel 2013. Nel 2018 sono ritornata in Toscana e nello stesso anno ho vinto il Premio Letterario Città di Castello con la raccolta di poesie “L’anima alla macchia” (Luoghi Interiori, 2019). Ho inoltre pubblicato vari racconti in riviste, siti web e blog letterari come Nazione Indiana. Infine, nel 2016 ho ideato la rubrica letteraria “Di parola in parola”, che attualmente curo sul blog Culturificio.
Quali sono i tuoi autori di riferimento e le tue letture preferite?
Le mie letture preferite sono senza dubbio i classici, soprattutto i grandi autori russi, francesi e tedeschi e i vittoriani inglesi. Tra i contemporanei i miei autori di riferimento sono gli americani, in particolare gli ebrei americani, Philip Roth innanzitutto. Altri autori americani che amo molto sono Nabokov, Jonathan Franzen e Peter Cameron.
Ci parli brevemente delle tue precedenti pubblicazioni?
Le mie pubblicazioni sono molto eterogenee. Sebbene nel mondo editoriale il consiglio ricorrente che viene dato agli scrittori sia di scegliere un genere e rimanervi ancorati, io ho sempre scritto quello che mi andava di scrivere, inseguendo la “scintilla creativa”, più che un disegno strategico. Il mio primo romanzo, “Cronaca di un mancato Grand Tour”, è un romanzo di formazione e in parte di viaggio, un esordio ambizioso, che fa parte di una trilogia con lo stesso protagonista. Si tratta di un’opera che amo molto, forse la più vicina alle mie “corde letterarie”, soprattutto per l’impiego estensivo dell’ironia. È stato molto apprezzato da alcuni addetti ai lavori ed è stato inserito nel prestigioso programma “Autori le strade della narrazione” della web tv del Sole 24 ore.
“I Segnati” è un noir, quindi un’opera di genere e come tale soprattutto un divertissement letterario, che ha comunque una sua coerenza e un livello di lettura più profondo.
La silloge “L’anima alla macchia” raccoglie soprattutto le poesie scritte tra il 2013 e il 2017, anni estremamente dolorosi per me, per cui i testi, piuttosto classici nello stile (forse addirittura “fuori moda”) esprimono un assoluto disincanto e il volontario esilio dell’anima dalla vita. La vittoria del Premio letterario Città di Castello è stata davvero una sorpresa inaspettata.
Di cosa parla il tuo nuovo romanzo “Memorie di un’avventuriera”? Sotto al titolo leggiamo: “Liberamente ispirato alla vita di Aphra Behn”, chi era Aphra Behn?
Il romanzo parla della vita avventurosa di Aphra Behn, prima donna inglese scrittrice di professione, nell’irrequieta Inghilterra del Seicento, tra la rivoluzione puritana, il regicidio di Carlo I, la restaurazione e il tramonto degli Stuart.
Strappata dall’arcadico Kent, “The incomparable Astrea” attraversa l’oceano per approdare in Surinam; tornata a Londra, si sposa con un mercante olandese da cui, provvidenzialmente, la peste la libererà molto presto; assoldata dai servizi segreti come spia nelle Fiandre, si riduce sul lastrico e, rientrata nella Londra devastata dal Great Fire, finisce in una galera per debitori. Ne esce per diventare in breve tempo una drammaturga di successo, frequentatrice del mondo vivace, promiscuo e moralmente sfrenato del teatro della Restaurazione. Libertina insofferente alle convenzioni, è amante appassionata nella lunga e tempestosa relazione con John Hoyle, brillante, violento, cinico e coltissimo wit, nonché sodomita dichiarato. Incarcerata di nuovo, questa volta a Newgate e questa volta per ragion di stato, quando viene liberata vede declinare la sua fortuna di drammaturga e, per sopravvivere, si dedica alla poesia e alla narrativa, precorrendo il romanzo borghese, il femminismo e l’abolizionismo. Scrive freneticamente fino all’ultimo, sfidando la gotta e la sifilide, la miseria, la solitudine e la nuova e per lei estranea era che si apre con la “gloriosa rivoluzione” e l’avvento al trono di Guglielmo d’Orange.
Introdotta da una lettera dell’attrice Lady Slingsby, che, nella finzione letteraria, durante la prigionia a Newgate ne avrebbe ascoltato il racconto dalla viva voce, la vicenda di Aphra Behn è narrata prevalentemente sotto forma di mémoire in prima persona. La narrazione è solo in minima parte affidata a lettere e a pagine di diario della stessa Aphra, che l’attrice avrebbe raccolto per soddisfare la richiesta di Charles Gildon, curatore dell’edizione postuma delle opere di Aphra Behn. Lo scambio epistolare finale tra l’attrice e l’editore costituisce l’espediente narrativo che completa il quadro e, accogliendo un’ipotesi critica suggestiva, arricchisce la storia di un coup de théàtre intrigante e tuttavia verosimile.
“Memorie di un’avventuriera” è un romanzo storico, pertanto ti sarai certamente attenuta, nella narrazione, a delle fonti: come hai colmato gli eventuali “vuoti” biografici della vita di Aphra Behn, che prospettiva storica hai adottato?
Nella stesura del romanzo ho fatto riferimento alle fonti primarie, di cui sono fortunatamente in possesso e che ho studiato a fondo per la mia tesi di laurea, e a numerose fonti secondarie, in particolare ad alcune biografie imprescindibili, a partire dalla nota opera di Vita Sackville West fino ad altre più recenti, cui ho dedicato una menzione speciale nella bibliografia. Poiché su alcuni periodi e aspetti della vita di Aphra Behn esistono versioni contrastanti o addirittura un’assoluta assenza di notizie, ho colmato i “vuoti” biografici prendendomi la libertà di scegliere tra le diverse tesi quella più adatta allo scopo narrativo o, semplicemente, riempiendoli con la mia immaginazione, senza mai perdere di vista il principio della verosimiglianza e il contesto storico del Seicento nei vari paesi in cui il romanzo è ambientato.
Chi è il narratore del libro, sei tu o Aphra Behn? Ci sono momenti della narrazione in cui le due donne si sovrappongono?
Il narratore del libro è Aphra Behn, come io l’ho immaginata, ma poiché l’ho sentita sempre come un personaggio molto vicino alla mia natura senza dubbio le due donne spesso e volentieri si sovrappongono.
Possiamo pensare ad Aphra Behn come a una delle prime femministe della storia?
Senz’altro. Aphra Behn fu una femminista ante litteram innanzitutto perché fece scelte estremamente audaci e coraggiose per l’epoca e perché si guadagnò un ruolo di primo piano nell’ambiente del teatro londinese. Non si accontentò di vivere di luce riflessa, né di scrivere per diletto; osò rivendicare e teorizzare, per prima, il diritto di scrivere come professionista, alla pari con gli uomini, che la osteggiarono spesso proprio perché era una donna. Dalla sventura si rialzò sempre rimboccandosi le maniche e facendo affidamento sul suo talento, anziché sulla protezione degli uomini. Ovviamente a volte dovette piegarsi a dei compromessi e a scelte più tradizionali, ma nel complesso la portata della sua “emancipazione” fu enorme, se paragonata allo stile di vita delle donne del suo tempo.
Perché hai scritto questo romanzo?
Ho scritto questo romanzo prima di tutto perché ho amato e ammirato Aphra Behn, perché l’ho sentita come una “sorella d’anima”, nel bene e nel male, e volevo contribuire a renderle onore e giustizia. Naturalmente anche perché, sebbene le donne si siano in gran parte emancipate, c’è ancora molta strada da fare per abbattere pregiudizi e convenzioni. Infine, ho scritto questo romanzo perché si sono create le condizioni ideali per realizzare questo progetto, che accarezzavo da moltissimi anni. Per la maggior parte ho scritto Memorie di un’avventuriera negli Stati Uniti, in un periodo in cui ero particolarmente felice, in cui avevo la mente abbastanza sgombra e in cui avevo abbastanza tempo per affrontare l’impresa di un romanzo storico.
A quali lettori è rivolto il tuo romanzo? Cosa può convincere un lettore incerto a leggerlo?
Il romanzo è rivolto a chiunque ami la storia, perché gli eventi storici che segnarono l’Inghilterra, l’Europa e l’America nel turbolento secolo XVII sono indissolubilmente intrecciati alle vicende umane di Aphra Behn. Il romanzo può essere però di particolare interesse per chi è sensibile alle tematiche femminili. La struttura che rimanda a espedienti cinematografici, la narrazione agile e lo stile curato credo ne facciano un’opera accattivante per tutti.
Grazie.
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Notizie » L’editore intervista l’autrice: Emanuela Monti
Intervista [Autore] 01/03/2022 12:00:00