La recensione di Gianni Barone, che ringraziamo:
Credo di poterlo affermare senza ombra di dubbio: Giuliano Brenna, oltre che editore con Roberto Maggiani de "Il ramo e la foglia", con questo romanzo comincia a proporsi come autore da seguire con attenzione.
Purtroppo non sono riuscito a recuperare la sua opera prima (Briscoe Hall, Virginia Edizioni, 2020, peraltro nel libro citata con un geniale calembour) ma questa seconda opera, "L’odore dei cortili", mi ha letteralmente conquistato: a mio parere possiede tutte le caratteristiche per segnare l’inizio di un personale e importante percorso letterario.
Brenna è uomo di grande cultura e di sterminate letture. Dietro questo interessantissimo romanzo intravedo, insieme alla presenza demiurgica di Proust nella sua formazione letteraria, cifre stilistiche e contenuti che vanno da Pasolini a Siti per giungere fino a Sinigaglia e a Paterlini. (A proposito di Pasolini, ho ancora nella mente i fotogrammi devastanti di Salò-Sade del ragazzo tenuto come un cane per il guinzaglio: mi si sono riproposti in un’immagine flash -ugualmente dolorosa- de "L’odore dei cortili").
Brenna autore si porge con una prosa piana, delicata anche nelle descrizioni più forti e drammatiche, cerca a volte di alleggerire con qualche dialogo che porta al sorriso, usa il tempo presente come a sottolineare l’aspetto visivo della trama raccontata; è lui, insieme a noi lettori, che riferisce, che dà conto. ("Lasciamo per un momento Mattia nella sua stanza e rivolgiamo lo sguardo...", p.48).
Il romanzo ci presenta l’evoluzione psicologica e sentimentale di Mattia, che conosciamo bambino accudito soltanto dalla mamma, per seguirlo adolescente solitario che coltiva una diversa affettività e si lascia andare ad occasionali, anonimi e rischiosi sfoghi omoerotici (nei giardinetti nottetempo) fino a una maturità raggiunta dopo tanti contrasti e sbandamenti.
Ci sono nel romanzo due momenti cardine che segnano un prima e un dopo: quello della mamma che va all’ufficio postale con le conseguenze che qui non dirò, e quello della comparsa e del ruolo svolto dal cosiddetto capitano Green, anima nera, personaggio organico al regime salazariano che fa da sfondo alla prima parte del romanzo e poi giganteggia sul finire. Non a caso le vette della scrittura dell’autore si raggiungono proprio nelle descrizioni della figura materna e in quelle di colui che da un certo punto in poi si farà chiamare capitano Green.
Per non parlare dello scandaglio profondo della personalità del giovane Mattia, afflitto da immotivati sensi di colpa difficili da superare.
Lisbona, con le sue strade, le piazze, i cortili, i tram, il cibo (altra passione di questo autore) fa come dicevo da sfondo al romanzo e Brenna, grande conoscitore della lingua e della cultura lusitana, ci immerge in quel contesto, sia negli anni bui della dittatura e del nefasto ruolo svolto dalla polizia politica, sia nel periodo della raggiunta democrazia.
La chiusa del romanzo, di grande forza evocativa, con la lanugine dei pioppi che cade e "ricopre i pensieri dei vivi e dei morti, dissolve il tempo e lo ricrea", mi ha fatto pensare allo straordinario finale de "I morti", da "Gente di Dublino" di James Joyce, quando la neve ricopre tutto e cade lieve, sui vivi e sui morti. E Roberto Maggiani, coeditore con Brenna e poeta a sua volta, sicuramente mi capirà.
Un libro che sa coinvolgere, commuovere e stupire. Un libro di estrema, dolorosa sincerità.
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Notizie » Gianni Barone: L’odore dei cortili
Recensione [Libri] 03/11/2024 12:00:00