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Notizie » L’editore intervista l’autrice: Serena Penni

Intervista [Libri] 22/11/2023 12:00:00

:: Ciao Serena, il romanzo La destinazione non è il tuo primo romanzo, hai lettori che già ti conoscono e ti seguono ma potresti presentarti brevemente a quelli che ancora non ti conoscono?

🎤 Certo. Ho amato le storie fin da piccola. I libri hanno sempre fatto da sfondo alla mia vita, ed è grazie alla letteratura che ho superato i momenti difficili, le delusioni, i fallimenti. I personaggi che incontravo nei romanzi mi facevano sentire meno sola; conoscendo e apprezzando loro, ho imparato a conoscere e apprezzare me stessa. Il desiderio di scrivere lo ho sempre avuto, ma si è concretizzato solo il giorno in cui sono arrivata tardi a una lezione universitaria e senza volere ho attirato su di me l’attenzione. Pioveva. Avevo in mano un ombrello fradicio e le mie scarpe erano piene d’acqua. Ho osservato il professore, che ha perso per un attimo il filo del discorso; ho osservato me stessa con i suoi occhi. E ho iniziato a immaginare. Così è nato La stanza di ghiaccio, il mio primo romanzo. Ho avuto la fortuna di incontrare, all’inizio del mio percorso, persone che hanno creduto in me, altrimenti forse sarebbe rimasto tutto solo un gioco. Lo scrittore Giampaolo Rugarli. Il talent scout Giuseppe Girimonti Greco. Tutti coloro che, un po’ per scherzo, un po’ sul serio, mi hanno detto che ero brava. Oggi, è la scrittura l’ambito in cui mi sento più fedele a me stessa. Le mie storie sono spesso cupe, o addirittura tragiche, e non è un caso: secondo me, è nel dolore, nel disagio, nella sofferenza che emergono i lati più autentici e individuali delle persone.


:: Quali sono i tuoi autori di riferimento e le tue letture preferite, quelle che in qualche modo possono avere influenzato la scrittura di questo tuo nuovo romanzo?

🎤 Alberto Moravia è senz’altro un punto di riferimento importante per me, poiché ha descritto magistralmente il disagio profondo dell’incomunicabilità, il dolore insito in ogni legame tra esseri umani, anche – o forse soprattutto – se appartenenti alla stessa famiglia, la frustrazione della rinuncia all’amore. Sono, questi, temi che anche io affronto nel mio ultimo lavoro. Goffredo Parise, di cui mi sono occupata per anni, mi ha lasciato in eredità l’aspirazione alla vita, in tutte le sue forme, cui fa da controcanto un senso di morte pervasivo e irresistibile, verso cui tutto tende: questo aspetto, seppure camuffato, caratterizza alcuni dei personaggi della Destinazione. Anche la lettura dell’opera di Italo Svevo ha lasciato un segno nel mio lavoro, infatti i miei personaggi, come Zeno Cosini, sono dotati di una acuta e spietata capacità di autoanalisi. Poi ci sono due testi cui sono affezionata in quanto ospitano un tema a me caro, presente anche nel mio romanzo, ovvero il progressivo disvelarsi di una realtà che, pagina dopo pagina, mette a nudo i suoi inganni: penso a La trilogia della città di K, di Agota Kristof, e a Lacci, di Domenico Starnone.


:: Cosa ti ha spinto a scrivere La destinazione? Perché questo titolo?

🎤 Quando ho concluso Il vuoto, il mio lavoro precedente, mi sono accorta che non ero pronta per staccarmi da quei personaggi. Allora, poiché nel Vuoto era presente un bambino – Paolo –, ho provato a immaginare come sarebbe stata la sua vita da adulto. All’inizio, La destinazione avrebbe dovuto essere una sorta di seguito di quella narrazione ma, via via che scrivevo, il personaggio di Paolo ha assunto caratteristiche autonome, staccandosi dal suo antenato. Inoltre, intorno a lui hanno preso forma due importanti figure femminili: Carla ed Elisabeth. Il titolo vuole alludere sia a un tema centrale del romanzo, ovvero quello del destino che ogni creatura porta con sé, sia al luogo lontano – altrove fisico ma prima di tutto mentale – dove a un certo punto si reca Paolo, per fare qualcosa che non può più essere rimandato.


:: Qual è il tema portante di questo tuo nuovo romanzo? Quali sono i gangli emotivi, gli snodi logici che lo caratterizzano?

🎤 Il tema portante della Destinazione è l’impossibilità di uscire dai propri incubi personali e incontrarsi. Gli esseri umani sono destinati a correre invano e a non trovare mai ciò di cui avrebbero davvero bisogno. Questo a causa dei loro fardelli troppo pesanti, dei sensi di colpa, delle paure che non sanno lasciare da parte, ma anche per via delle illusioni con cui inevitabilmente si ingannano, dei mondi irreali che proiettano nell’altro ma che in fondo non sono che immagini distorte di sé stessi. Da ciò nascono la sofferenza, il desiderio di fuga, l’incapacità di andarsene ma anche di restare. Da ciò nasce la violenza, di cui ognuno è, nel contempo, vittima e dispensatore. Da ciò nascono la solitudine sconfinata e il desiderio triste di essere lasciati soli.


:: Quanto tempo ci hai messo a scriverlo? Ci racconti la sua genesi?

🎤 Ho cominciato a pensare alla Destinazione subito dopo aver concluso Il vuoto, quindi nel 2019. Nell’estate di quell’anno ho preso degli appunti, e ho scritto il libro tra il 2020 e il 2021. Poi ho iniziato un lungo lavoro di revisione, durato circa sei mesi. Infine, ho cercato un editore e ho avuto la fortuna di incontrare “Il ramo e la foglia”, che ha accettato di pubblicare il mio romanzo - a quei tempi si intitolava Tre voci. Da quel momento, ha preso il via una proficua collaborazione con gli editori, tesa a migliorare il mio lavoro. È stata, anche questa, piuttosto lunga, perché siamo tutti ossessivamente perfezionisti. Era il pomeriggio di Natale del 2022 quando ho scritto a Giuliano Brenna per dirgli che gli spedivo la versione definitiva del romanzo, e da lì è trascorso ancora del tempo prima che le ultime bozze venissero licenziate. Intanto, ho scritto racconti che sono stati pubblicati su riviste e litblog. Credo che, in qualche modo, anche la scrittura di quei racconti mi abbia aiutato a definire alcuni aspetti della Destinazione.


:: Ci parli dello stile che hai adottato nella scrittura? La reputi una lettura “facile” o “difficile”, a quale tipo di lettori miravi nello scriverlo?

🎤 Dipende. Il linguaggio che adotto credo che possa essere definito facile in quanto è lineare, non tortuoso. Mira a descrivere il vissuto dei personaggi nel modo più chiaro e incisivo possibile. Tuttavia, immagino che La destinazione, nel suo insieme, sia una lettura complessa in quanto mira ad indagare vari piani della realtà, con particolare attenzione ai movimenti interiori delle tre figure principali che lo costituiscono – Carla, Paolo ed Elisabeth. Scrivendolo, pensavo a un pubblico di lettori non necessariamente colto, ma disposto a lasciarsi trascinare nelle storie di personaggi dalla psicologia contorta. Un pubblico interessato tanto alle azioni quanto ai segni che tali azioni lasciano negli animi dei personaggi.


:: Non è facile creare tre voci distinte – quella di Carla di Paolo e di Elisabeth – mantenendo lo stile e le caratteristiche proprie di ciascuna di esse lungo tre capitoli, uno per ogni voce. Quali sono state le difficoltà? Come ci sei riuscita?

🎤 Lavorare sul molteplice punto di vista è qualcosa che mi ha sempre affascinato, sin dai tempi della Stanza di ghiaccio (2008) il mio primo romanzo, passando per Il vuoto (2019). Infatti, ritengo che sia interessante mettere in luce come la realtà assuma tante forme, quanti sono coloro che la vivono e la raccontano. Certo, scrivendo La destinazione, ogni volta che ho lasciato un personaggio per incontrarne un altro ho fatto un po’ fatica. Ho sempre impiegato del tempo per riuscire ad abbandonare la vecchia pelle e indossare quella nuova. Il segreto per riuscire in questa impresa, per quanto mi riguarda, consiste nel cercare un alto grado di immedesimazione nel personaggio cui, di volta in volta, si presta la voce.


:: Che ruolo ha il tempo in questa tua narrazione a tre voci?

🎤 Esiste un tempo soggettivo, che riguarda i tre personaggi presi singolarmente, e un tempo oggettivo, che permette di tenere insieme le loro storie. Ma il tempo è anche altro. È la rivisitazione continua, estenuante di un passato difficile da accettare e soprattutto da comprendere. È un fiume che scorre lento ma inarrestabile verso un’unica direzione. È il rimpianto di non poter tornare indietro, riavvolgere il nastro. In sostanza, quindi, il tempo e il destino coincidono.


:: In che modo i personaggi del romanzo ti somigliano o ti esprimono?

🎤 C’è una parte di me in ognuno di loro. A Carla, mi accomunano l’aver talvolta inseguito amori impossibili, dando libero sfogo a una forma di autolesionismo masochistico finito solo con l’abbandono, nonché la discrepanza tra i sogni dei diciotto anni e la presa d’atto di un presente assai diverso. Le tisane al finocchio e liquerizia e le sciarpe colorate. A Paolo, mi legano una componente di pesantezza nei legami familiari, i non detti, la predilezione per le ore notturne, l’insonnia, l’attenzione costante ai sogni. A Elisabeth, mi uniscono l’attaccamento alle strutture sociali e familiari come strumento per non sprofondare nella solitudine, la ricerca di altri spazi in cui esistere. Gli aperitivi, gli orecchini vistosi, l’orologio dal cinturino sottile. In ognuno di loro ritrovo la mia stessa capacità di autoanalisi, cui però non corrisponde quasi mai la chiave per la soluzione del problema. Da ognuno di loro mi distanzio, vedendone i limiti attraverso gli occhi degli altri personaggi.


:: Cosa può convincere un lettore incerto a leggere La destinazione?

🎤 Carla, Paolo ed Elisabeth sono tre personaggi eccentrici, ma in cui tutti possono riconoscersi, a qualche livello. Credo che le loro storie meritino di avere una possibilità, di essere ascoltate, perché hanno davvero qualcosa da dire.


:: Hai qualcosa da aggiungere?

🎤 Spero che il mio libro riesca a catturare i lettori, lasciandoli entrare nelle vite dei personaggi e facendo venir loro la voglia di conoscerli sempre meglio, pagina dopo pagina. Spero che leggano La destinazione tutto d’un fiato, e che alla fine abbiano tante risposte quante domande.

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