Il tempo è la voce di Dacia Maraini. Il tempo che lei coglie, che cattura, che tesse, che inventa, e che lascia defluire da sé come, ogni volta, un nuovo essere.

E anche qui potremmo dire, quale è la differenza, come innova il pensiero di Maraini secoli del pensiero filosofico del tempo? Quel tempo ‘misura del movimento’ di Aristotele, il ‘flusso unico che scorre’ dei presocratici, la ‘coscienza’ di Cartesio, la ‘distensione dell’anima’ di Sant’Agostino, l’‘intuizione pura e forma a priori della sensibilità’ di Kant, l’esperienza interiore della successione delle idee nella mente in Hume, il tempo durata di Bergson, dove si sviluppa la vita interiore…

Il tempo pura luce concentrata – prima sensazione che raccoglie pazientemente e da cui si lascia imbere come tempo delle immagini.
Questo tempo delle immagini lo lascia lievitare dentro di sé come sensazioni autonome, come la creazione che fa capolino dentro di lei e cresce, cresce.
Il tempo delle immagini diventa tempo dell’interiorità, torna a essere tempo immaginifico dell’immaginazione, diventa tessitura delle immagini, diventa produttività causale, cioè produce un tempo ulteriore di vita, crea uno spazio di tempo nuovo, e poi, poi la liberazione di queste immagini di senso: che vadano libere, nell’aria, per il mondo, che acquistino suono, colore, luce propria, che si animino, come ogni creatura sulla terra. Lei dà vita al tempo.

(da “Il tempo tessuto di Dio”, saggio di Margherita Pascucci)
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