Timothy Megaride risponde alle nostre domande in attesa dell’uscita del suo libro il 1° aprile 2021
🍃 Timothy Megaride. Nella tua biografia leggiamo: “…è il nome di penna di uno scrittore già più volte edito”. Chi è Timothy Megaride? Il primo di aprile 2021 pubblicheremo il tuo romanzo “Adolesco”, perché hai scelto di pubblicarlo con uno pseudonimo e quindi di mantenere segreto il tuo nome? Sembra esserci, in questa scelta, la volontà di dare vita a un nuovo corso, la scelta di mettersi nuovamente in gioco, come uno scrittore esordiente, senza poter contare su un pubblico di lettori già assodato. È così? Forse c’è qualcosa di nuovo in questa tua scrittura?
👤 Scrive Peter Cameron in un suo recente romanzo (Cose che succedono la notte, Adelphi 2020): «Il mondo è bello perché esistono le due categorie, no? Chi se ne sta seduto al buio a guardare e chi sta sul palco». Io ho sempre sentito di appartenere alla prima. Sto più a mio agio tra il pubblico.
In secondo luogo, sono straordinariamente bello. Esibirmi sarebbe concorrenza sleale nei confronti degli altri scrittori.
Scrivere è anche sperimentare moduli, forme, stili. Le funzioni di una lingua (vedi la classificazione di Roman Jakobson) includono quella “poetica” (non significa “comporre poesie”), una funzione che rende dinamico il linguaggio verbale e ne favorisce le innovazioni. Se così non fosse, avremmo la sclerosi della lingua e la renderemmo inidonea alla poesia. Sperimento una tecnica e una lingua inusuali per me. C’è comunque sempre uno scarto notevole tra lingua formale e lingua reale. Sono ormai cinquant’anni che l’Accademia della Crusca, in seguito alle istanze provenienti dai più accreditati studi linguistici, ha dovuto rivedere i suoi canoni (retaggio del Fascismo) ed accogliere tutto un lessico nuovo, rivalutarne le traslazioni, dare conto delle variazioni locali, accogliere un vasto vocabolario proveniente dalle scoperte scientifiche e dalle nuove tecnologie. Lo scrittore è uno che manipola la lingua e lo fa non tanto per fini comunicativi quanto per fini espressivi. La lingua non dice soltanto, evoca anche. In altri termini, non si può usare la matita rosso e blu con la lingua adoperata da Tommaso, il protagonista e voce narrante del romanzo. Può non piacere, ma questo è un altro discorso. La lingua di Tommaso non esiste, è inventata di sana pianta, non senza un’operazione di mimesi e sintesi delle parlate regionali. Vedete, le cose che si raccontano sono sempre le stesse, le nostre rispettive esperienze di vita si somigliano, nello spazio come nel tempo; ciò che le diversifica è la loro raffigurazione verbale. Raymond Queneau ce ne ha dato una celebre dimostrazione nel suo “Esercizi di stile”.
🍃 Perché “Adolesco”? Un titolo molto particolare. Vuoi accennarci qualcosa del romanzo?
👤 “Adolesco” (io cresco, io sto crescendo) è la prima voce del verbo latino “Adolescere”, dal quale derivano i termini italiani “adolescente”, “adolescenza”, “adulto”. Ha un senso assai più dinamico di “teen”, il lemma global che designa l’età che va dai dodici ai diciannove anni, più o meno. In altri termini, “teenager” mi fa pensare a una condizione, a uno stato, “adolescente” a un processo.
Il verbo latino compare in un momento cruciale della narrazione e, per l’io narrante, rappresenta una prima agnizione di sé. Gioca con le forme flesse del verbo latino, bisticcia con la voce “supino” sovrapponendo e confondendo semantica e grammatica; il gioco, che è prelogico, prelude al distacco dell’individuo dal branco. In altri termini è necessario che “io” (unico e irripetibile) si distingua da “noi”, pronome che, pur essendo un potente collante in seno ai gruppi, alle culture, alle etnie, sacrifica l’io all’altare delle convenzioni e del conformismo, fino al punto di negargli il diritto all’esistenza. Penso che il lettore abituale sappia cogliere le implicitezze del testo e comprenda le ragioni della selezione lessicale.
🍃 Da dove ti è nata l’idea di costruire un romanzo in cui il personaggio narrante è proprio un adolescente?
👤 I quotidiani. Direi che non c’è giorno in cui non compaia la storia raccapricciante di un adolescente. Quanti sono vittime di un atto di bullismo? Quanti altri lo sono di una reazione impulsiva dalle conseguenze disastrose? Quanti cadono nella trappola di gente poco raccomandabile incontrata per caso sul web? Per altro verso, quanto gli adulti sono, sia pure indirettamente, responsabili delle intemperanze o del malessere dei giovani? La scuola, la famiglia, le associazioni giovanili cosa fanno per accompagnare i ragazzi nel tortuoso e tormentato cammino verso l’età adulta? A me sembra che il contesto nel quale accogliamo le nuove generazioni non sia dei più confortevoli. Cerco di individuarne le ragioni.
🍃 Il romanzo è scritto in italiano ma un italiano che è quello degli adolescenti, se così possiamo dire, quindi libero da molte regole, soprattutto per quanto riguarda l’uso dei congiuntivi; pare quasi esserci, in questa tua scrittura, una sorta di evoluzione della lingua scritta verso la lingua parlata, sembri voler dire: visto che si parla così, scriviamo anche così, d’altronde l’italiano è una versione volgare di una lingua colta precedente.
👤 È solo un esperimento e non sono certo il primo a tentarlo. La questione della lingua è come un ritornello ricorrente nella nostra storia letteraria. D’altronde la letteratura italiana è nata così, come dite voi: toscani e siciliani tentarono la carta del “volgare” in opposizione alla lingua “scritta” della cultura che era il latino. Le tre “corone” fiorentine diedero alla futura lingua italiana l’assetto che tenne banco per alcuni secoli.
In tempi assai più recenti romanzieri e poeti sentirono il bisogno di ringiovanire una lingua letteraria che, ai loro occhi, appariva arcaica. Tutto questo in concomitanza di eventi storico-politici di portata epocale: l’unità nazionale e il protagonismo politico del terzo e/o quarto stato. La prima poneva il problema della lingua unitaria, il secondo immetteva nella dialettica sociale gli esclusi, coloro che erano sempre stati subalterni ai ceti dominanti. La letteratura, come sempre accade, fu il termometro di questi scossoni. La lingua, che ne è il mezzo di produzione, ne recepì le istanze. Già Manzoni rese protagonisti del suo romanzo dei poveracci, ma non trovò altro sistema per farli esprimere che attribuire loro qualche strafalcione grammaticale (l’uso del relativo non flesso, per esempio). Il parlato dei popolani era così per lui, mentre la voce narrante riservava a sé una lingua “raffinata”. L’uomo colto si faceva interprete di istanze non sue («Di tal genere, se non tali appunto, erano i pensieri di Lucia…»; cioè non le parole). In seguito, qualcuno pretese di dar voce alla plebe, riecheggiandone la parlata fin dal narrato. Penso al Verismo e ai suoi epigoni. Negli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso emerse un nutrito gruppo di scrittori che, anche in polemica con la lingua retorica del fascismo, produsse una serie di grandi romanzi nei quali la lingua era fortemente espressiva dei contesti culturali e sociali che si volevano rappresentare. Bernari, Alvaro, Pratolini, Vittorini, Brancati, Silone e innumerevoli altri diedero vita alle loro migliori produzioni. Nel secondo dopoguerra si mossero sullo stesso binario, sia pure con risultati differenti, scrittori come Fenoglio, Zavattini, Gadda, Pasolini, Moravia, Morante e via discorrendo. In anni più recenti Marcello D’Orta (prematuramente scomparso) con “Io speriamo che me la cavo” ha dato voce ai bambini dialettofoni delle scuole elementari napoletane, rinvenendone nelle composizioni scolastiche termini e costrutti che a lungo hanno fatto discutere nel nostro paese. Ancora oggi è invalso l’uso del lemma “sgarrupato”, oggi accolto da molti dizionari. Qualche anno fa ebbe vasta eco sui giornali l’aggettivo “petaloso”. Il compianto Camilleri, come i suoi precursori Sciascia e Bufalino, ha piegato il parlato siciliano alle sue necessità espressive. È recentissimo, infine, il bellissimo libro di Remo Rapino, Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio, minimum fax 2019 (premio Campiello 2020).
Lo sproloquio serve a dirvi che provo a muovermi sulla scia di un’illustre tradizione. Progettando “Adolesco” è ritornato, in me, prepotente, il dilemma della lingua. Non volevo soluzioni diatopiche (caratterizzazioni regionali) né l’usuale ricorso alla diafasia (scritto/parlato – formale/informale); volevo una koinè che fosse una specie di socioletto atto a rappresentare un adolescente di buona famiglia e scolarizzato. Per la variazione diamesica (scritto del narratore/orale dei personaggi) ho propeso per il parlato del protagonista, una scelta che potrebbe accostare la lingua adoperata più alla drammaturgia che alla narrativa. Se il parlato del protagonista è intriso di gergo giovanile e di idioletto, se propende all’iperbolico è per caratterizzare sul piano socio-linguistico il personaggio. Volendo attirare l’attenzione del lettore solo ed esclusivamente sulla giovane età del narratore e non sulla sua provenienza geografica, ho optato per un italiano ordinario e non particolarmente ricco a livello lessicale, con qualche piccola incursione nei dialetti. Nel nostro paese solo una minoranza parla esclusivamente italiano e, per la notevole mobilità interna, costrutti e locuzioni migrano di conseguenza. Per motivi legati alla mia storia individuale intrattengo una relazione costante con tre adolescenti lombardi. Nati e cresciuti in Lombardia, con una madre lombarda doc, hanno ascendenze meridionali nel ramo paterno. Bene, ho potuto osservarne spesso i comportamenti linguistici e mi sono accorto che alcune espressioni che usano nella comunicazione quotidiana non sono lombarde, ma di area meridionale, benché pronuncia e accenti siano lombardi. È così per molti ragazzi italiani, nipoti o pronipoti dei migranti del secondo dopoguerra. L’esimio professore Francesco Sabatini (lo stesso del vocabolario Sabatini-Coletti) e il compianto professore Tullio De Mauro, che ho avuto l’onore e il piacere di conoscere di persona, sono stati miei illustri maestri. Mi schiero con le posizioni di massima apertura del professor Sabatini perché le intendo molto bene. Le lingue, tutte, sono una brutta gatta da pelare, ma sono affascinanti per ciò che rivelano agli studiosi, persino nelle forme più massacrate e contaminate. Si pensi a quale scempio è stata sottoposta una lingua veicolare come l’inglese. Si pensi ai creoli, ai pidgin, al celebre spanglish. Ritengo che i carcerieri delle lingue siano solo molto ignoranti perché si crogiolano beati in una lingua formale inesistente. A Foscolo fu imputato il sacrilegio di aver sottratto all’upupa la solarità del suo piumaggio e della vita diurna. Rispose che sì, era vero, ma lui faceva il poeta, non l’ornitologo. Il fascismo aveva i suoi bravi fustigatori in tal senso. Acqua passata, fortunatamente!
Lingua parlata, gergo, assenza di caratterizzazione regionale, forte influenza dei nuovi media generano, a mio avviso, una lingua mediana nella quale ogni lettore può riconoscersi. Può darsi che mi sbagli, ma soltanto chi non agisce non sbaglia.
🍃 Come detto, nel romanzo il personaggio principale è un adolescente, che non le manda certo a dire, nel suo linguaggio appaiono tutte le espressioni che sono tipiche di quell’età, c’è una sorta di riflessione sulle prassi sociali e il buon costume imposto dagli adulti, a un certo punto scrivi: “Non ci pensavo che avevo solo quattordici anni e che non ti puoi, tipo, sposare a quattordici anni con una ragazza che ne ha ventinove. Almeno io non l’ho mai sentito.” Nel romanzo sembra esserci una sorta di denuncia riguardo all’inscatolamento dell’amore entro certe consuetudini sociali divenute legge a garanzia del minore, per il quale invece, più che per ogni altra età, sembra valere la frase di Pascal, il filosofo: “Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce”. È così? In tal senso, quali altri elementi simili possiamo trovare dentro il romanzo?
👤 La risposta è implicita nella domanda. C’è un famoso detto che recita “Il diritto nasce vecchio”. È vero! Perché il legislatore “imprigiona” in una normativa qualcosa che “è stata”, ma che quasi certamente o “non è” o “non sarà”. Se le società e le culture fossero statiche non ci sarebbe bisogno di legislatori, una volta stabilite le regole per tutti. Saremmo tutti fermi ad Hammurabi. Un bravo legislatore, al contrario, è colui che capisce le dinamiche storico-sociali e le sa interpretare. Anche la morale muta col tempo e dunque mutano lentamente i nostri giudizi di valore. Inoltre, le nuove conoscenze e le scoperte scientifiche modificano, di fatto, la nostra previa visione del mondo e ci costringono a cambiare opinione. L’innocenza, per lo più figlia dell’ignoranza, è complice dei delitti più efferati. Gli innocenti sono corresponsabili di ogni stupro compiuto. Non staremmo a discutere di femminicidio, se questo non fosse uno sport fin troppo “innocentemente” praticato.
Il romanzo non tratta solo “dei diritti del cuore”, ma fa riflettere sulla patente negazione del diritto all’esistenza di molte minoranze vilipese e calpestate.
🍃 Che tipo di lettore ti aspetti? C’è un tipo di lettore che potrebbe essere particolarmente interessato al tuo romanzo?
👤 Prima del covid, per conto dell’Istituto di Cultura per il quale lavoro, tenevo conferenze in alcuni licei su temi specifici concordati con gli insegnanti. Durante l’anno scolastico 2018-2019 parlai di interculturalità. Nel secondo dei due incontri previsti proiettammo un film tratto dal bel romanzo di Ian McEwan, La ballata di Adam Henry (Einaudi 2014). Seguì un interessante dibattito. Una ragazza mi chiese di approfondire il tema delle relazioni “amorose” tra giovani e adulti. Fu un cazzotto nello stomaco. Ero in una scuola e l’argomento era molto delicato. Me la cavai abbastanza bene, senza suscitare scandalo. Il libro di McEwan (che suggerisco vivamente di leggere), su questo tema raggiunge le vette della drammaticità. Conciliare legge, giustizia, morale e “cuore” è impresa titanica. Alla fine dell’incontro mi intrattenni a discutere con le insegnanti, tutte donne. Vennero fuori cose interessantissime. Ma dopo?… Non riuscivo a togliermi dalla testa l’espressione della ragazza che mi aveva posto la domanda. Il tono della sua voce mi era apparso sofferto. Fosse stata una mia giovane parente, le avrei parlato più a lungo, mi sarei dedicato a lei con maggiore attenzione. Pensai che forse i ragazzi avrebbero dovuto discuterne tra loro a cuore aperto, magari con la moderazione di qualche adulto esperto, attento e sensibile. È per questo che ho fatto parlare Tommaso ed ho immaginato che parlasse ai suoi coetanei, non senza mostrare il ruolo degli adulti nelle vicende che lo vedono protagonista. Il personaggio di Giona, un adulto esperto, attento e sensibile, è fondamentale nell’economia della storia. Mentre scrivevo, pensavo ai ragazzi e agli adulti che si occupano di loro. Forse sono questi i miei lettori ideali.
🍃 Ti invitiamo a rivolgerti ai lettori che non ti conoscono, proviamo a invitarli alla lettura di “Adolesco”.
👤 Alle presentazioni dei libri tutti sono tenuti a dire che il libro è bello e lo scrittore è bravo. È un farsa che mi molesta, anche quando si tratta di libri scritti da me. Ho letto libri che non sono belli, i cui autori non sono bravi. Non mi sottraggo al dovere morale di leggere anche scrittori poco o per nulla noti. Tra loro scopro tanti talenti sconosciuti e che probabilmente resteranno tali.
Il lettore è libero di leggere ciò che vuole. Una volta che il libro è stato dato alle stampe, ne resta l’unico vero giudice. Lo compra (oppure no), lo legge, lo sfoglia, lo abbandona, lo getta via. Ne fa quello che vuole.
Posso solo dire al lettore “occasionale”, visto che non sa chi sono e non conosce gli altri miei libri: scegli liberamente, non sei obbligato a comprarmi né a leggermi. La tua è una libera scelta, accetta le tue responsabilità. Però il libro devi pagarlo, perché l’oggetto che stai sfogliando è il prodotto della sinergia di più persone e queste persone ci vivono di questo lavoro. Sì, è anche una merce come tutte le altre e questo devi saperlo. Ha dei costi di produzione che devono in qualche modo rientrare. Altrimenti l’editoria scompare!
🍃 Grazie Timothy.
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“Adolesco” è un romanzo di Timothy Megaride, sarà in libreria dal 1° aprile 2021.
Puoi preordinarlo o prenotarlo in tutte le librerie, sia fisiche sia online, eccone alcune:
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