«Libro chiama libro. L’utilizzo della seconda persona singolare, quel ‘tu’ insistente, mi ha subito portato a collegare La destinazione a La modificazione. Il primo di Serena Penni, uscito nel novembre scorso, il secondo di Michel Butor, uscito sessantasette anni fa. Entrambi i romanzi, guarda caso, divisi in tre parti. Butor è esponente del Nouveau Roman, la ‘scuola dello sguardo’ teorizzata da Alain Robbe-Grillet: l’occhio dello scrittore come una macchina da presa che registra meccanicamente ciò che vede, le superfici, le forme, i colori, i movimenti, nulla più. Serena Penni è l’opposto: la sua macchina da presa emette raggi X e penetra nell’oggetto-essere umano che ha di fronte, scava nella sua anima, nelle sue nevrosi, nelle sue fobie. Una ‘scuola dell’introspezione’, insomma. C’è da dire che quando i raggi X si interrompono, i due scrittori collimano nelle minuziose descrizioni esteriori. Così Serena Penni, in una sorta di ecfrasi, ritrae il personaggio di Elisabeth: “Aveva i capelli neri, lunghi e un po’ mossi, il viso magro, un paio di occhiali con la montatura di tartaruga. […] La bocca era quasi perfetta, proporzionata e con labbra carnose, ma il naso era vagamente aquilino. La carnagione chiara contrastava con il nero dei capelli e delle sopracciglia. Dimostrava tra i quarantacinque e i cinquant’anni, qualche ruga d’espressione le segnava il viso. Aveva le guance arrossate per il freddo e per il vento” [continua a leggere la recensione di Romano A. Fiocchi 👇👀]».
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Notizie » Nazione Indiana: La destinazione
Recensione [Libri] 01/03/2024 14:16:39